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domenica 10 marzo 2013

Ecco..










Questo















Ecco. Se.. dovessi essere marchiato…
e so che è un abominio, un’aberrazione …una follia. Non serve che me lo dica nessuno. Ma:
se dovessi essere marchiato (e so che non sta a me deciderlo, pensarlo, immaginarlo. Non solo: non sta a me immaginare.. figurare.. LE CONDIZIONI che renderebbero PENSABILE un simile atto, un simile fatto.
Lo so da me, eppure c’è stato un balzo, poco fa, nella mente. DELLA mente.)
L’ho pensato, anche se in forma nettamente ipotetica: “SE... UN GIORNO… DOVESSI venire MARCHIATO..”

(e marchiato è MARCHIATO… come sappiamo) vorrei (mi piacerebbe, desidererei, spererei) che il marchio fosse questo…


Ecco, l’ho detto. 

Non l’ho mai pensato, in vita mia. Non mi è mai successo.
Ma mi è venuto da solo all’occhio, alla mente.

Come MARCHIO. Con tutto quello che vuol dire, di conseguenza.
Che non so (e non debbo) pensare.
Ma che ho guardato, impresso sulla pelle.
Come bruciatura, ancora da guarire.

Che non so immaginare, cosa voglia dire.
Né l’atto, né le conseguenze, le condizioni.
Ma… è stato questo, il mio primo, e forse ultimo, e forse unico “marchio..”.

Forse SOLO, credo.




Ecco. oggi, alla Padrona


martedì 5 marzo 2013

Agenda, diario




ore 13.30... sms non spedito.
ore 14.30 caffè, pensando alla Padrona





Sempre lo stesso registro. Struggimento, appartenenza.
…schiavitù..












TI trovo così bella, così insopportabilmente bella, 
nel TUO ESSERE PADRONA, che vorrei ora masturbarmi (su questo). Essendo Tuo schiavo. (E non solo ora.).
Inutile dire che non lo faccio... perchè non posso, essendo appunto Tuo SCHIAVO.
Inutile dire che non posso liberare la tensione.. che è pressione, che è.. passione, per Il TUO.. Piacere. 
Che è esserTI schiavo,  essere (ed essermi).. PADRONA.

Ed è inutile dire che questo mi lega a Te, al tuo Potere (e libertà), 
in maniera smodata. Dipendo da TE come non sapevo d'appartenere. 

Ed è solo l'inizio, per esserTi completamente, veramente schiavo. E TU, per vivere -ed esprimere..- la Padrona che sei, anche sulla mia schiavitù. Oltre che sul TUO Piacere. E Bellezza...


 







Non mi masturbo e resto nella brama. Da schiavo.. non di essere schiavo..
ma BRAMA della PADRONA. Che gli fa male e gli impreme dolore. E  timore. E che lui desidera come una Dea da servire, 
e di cui adorare il piacere. Che, gli fa dolore, e lo rende schiavo.
TUtto SUO.

Sei bellissima Padrona. Più di quanto pensi credo, o Te ne renda conto.
Diventi luminosa. altera. 
Desiderabile, ma gradevole... avvenente. Attra-ente. Paga e desiderosa di piacere. DEL... piacere. Equilibrata e spontanea, armonica.
Uno strumento musicale accordato, pronto per suonare. Anzi, che suona
la sua armonia, il Suo motivo. Essere Padrona.. adorata da uno schiavo.
Essere DONNA. Giovane e bella, CHE SI MUOVE, nel campo del piacere. Con lo schiavo, da Padrona.










domenica 3 marzo 2013

Mi piace





devo anche dire... quello che mi piace.















mi piace avere una Padrona (anzi, essere di UNA PADRONA) altera, arrogante ed insoddisfatta (dello schiavo), con lui cinica. Esigente e senza accomodamenti, senza bonarietà alcuna; ma proprio esclusa di questa.

ma, al di là di questo in generale, sono contento che Lei mi controlli, e mi chieda ragione. "Amo" che la sera mi chieda (voglia essere informata di) tutto quello che ho fatto, non tanto -o non solo- con intento informativo (che le interessa fino ad un certo punto, credo..) ma.. per controllare, e soprattutto punire.
Amo aver paura, quando arriva o quando mi vede, o dopo quando vuole, delle domande che mi farà, e a cui non posso evitare di rispondere.

Amo essere nel timore quando sono davanti a Lei. Scopro di aver timore delle frustate, e però di amare questo timore... nei confronti della Padrona. Di desiderare di essere perennemente in questo timore, pensando a Lei (quando non c'è), e davanti a Lei, quando mi chiede le cose.
Per mettere a nudo le furbizie (o le mancanze, le trascuratezze, le scuse e le poche produzioni) dello schiavo.

Amo dover renderLe conto DI TUTTO, DOVERMI.. "denudare" davanti a Lei, ed esserLe... visibile, trasparente. 

Per ricevere le Sue lezioni; le Sue punizioni... le SUE ESIGENZE.
Amo dover scrivere (o descrivere, insomma rendere conto) di quello che ho fatto durante la giornata, o relazionarglielo, ed amo che Lei non sia affatto disponibile ad essere appagata o accomodante.Amo che mi frughi negli interstizi di tempo e delle applicazioni per mettere in luce dove non sia stato Suo schiavo con l'intensità che Le devo, ma piuttosto alla leggera, e di questo si prenda e mi costringa... a darLe soddisfazione.


Amo doverLe rendere conto di ogni minuto, e non avere sufficienti giustificazioni, spiegazioni; amo mi tenga lo sguardo ed il fiato sul collo, e che le Sue siano esigenze... da lupo affamato. Affamato dello schiavo.
Che non Le siano sufficienti le mie scuse, ma le faccia saltare.

Amo non poterLa evitare.
Amo dover sottoporre tutto al suo vaglio, alla Sua verifica, anche se poi, materialmente verifica il 5%. 

Ma che su quel cinque per cento sia spietata, ed anche incontentabile, e pretenda la stessa totale appartenenza, e devozione, sul rimanente 95%.
E che sottolinei, con mezzi padronali, quel cinque in modo che la sua influenza metta a posto l'altro 95. Perchè la verifica è a random, o a campione.
Amo che dove mette l'occhio... ne esca una Sua affermazione, una punizione o una ferita, e sapere di doverla temere.
Amo non fare di testa mia, ma dovere assumere la Sua lettura ed intenzione, come Padrona.
Amo che non mi dia nè spazio nè campo, ma mi tenga costantemente in un angolo, e che quest'angolo sia illuminato... dalla Sua volontà e dominazione.
Di tutto questo, più che amore, ne ho speranza e... bisogno.
Di essere tenuto... fermo dalla Sua mano. 

Di Sua proprietà e a Sua disposizione, come lo schiavo che sono.

 
Per adorare Lei e il Suo piacere, e servire entrambi. Solo.
Solo... come Suo schiavo.
Grazie, per tutto quello che ne deriva.
Non ultima, ogni umiliazione. Per la Signora e il Suo piacere.
Per servirLa e servirLi, come Padroni.
Ed amo, infine, che PER QUESTO, mi voglia a sè.
LO... spero. 

Come può sperare chi può sperare di essere schiavo, di una tal Signora.

Suo.

Appunti, al protocollo











che vengono a mente o a a galla allo schiavo, e che gli parrebbe logico seguire. Dover... seguire.
Perchè.. esteticamente allineati, con le griglie della sua situazione, condizione. Anche se sono stupidate. Le sottopone alla Padrona, per vedere se ne ravvisa... senso.

Appunti, e sfumature.

"Lo schiavo... quando è assente la sua Padrona (o non è stato palesemente invitato al Suo tavolo, che allora va bene) NON usa.. il tavolo dove siede la Signora, per mangiare o altro.
(E soprattutto non vi si siede.)
SE mangia... consuma il pasto in cucina. Lo schiavo... mangia in cucina.
E lascia il tavolo principale per LA PADRONA. Anche se questa non c'è, e se non ci fosse per due settimane di fila. Sempre. Non vi lascia cose sue sopra.
Allo stesso modo, forse, lo decide la Padrona, non è ammesso al tavolo principale se ci sono altre persone, ospiti o con cui la Padrona si accompagni. (che non abbiano in avversione o imbarazzo il Bdsm. )
A meno che, appunto, non sia Lei ad ordinare in tal senso.

Il tavolo dello schiavo è quello della cucina (quando c'è...), a meno che la Padrona non sia in casa da sola e non voglia il contrario.
Meno che mai lo schiavo se ne appropria da solo.



Appunto due: (almeno fino a quando, o.. quando) lo schiavo usa/userà il bagno della Padrona.

Non vi lascia cose sue.
Le raccoglie e conserva in una buorsa, astuccio o contenitore, e quando va in bagno se la porta, e quando se ne esce la riporta fuori. Niente dentifrici/spazzolini, deodoranti o rasoi sulle mensole (e ovunque) del bagno della Signora; se lo usa lo lascia sgombro e pulito, e si porta via le sue cose.
Vi è solo ospitato. Il bagno... è della Signora.
Lui può liberamente pulirlo. Deve.
















Librerie...




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mercoledì 27 febbraio 2013

Piatti sporchi e fruste.














Ieri sera...una piacevole sessione di frusta (per la Padrona).
Un'apprezzata sessione di frusta. (Quirt e altro, in questo caso).

Una sessione "ristoratrice", che la Padrona ha "regalato" allo schiavo, dopo le fatiche della serata.
Le "fatiche" della Signora, che quelle dello schiavo non hanno neanche la dignità di essere richiamate.
(E qui si parla davvero, non in maniera ampollosa. Ma sostanziale).

Ci sono delle regole nella schiavitù, che vanno seguite: regole sostanziali, basilari. Dal linguaggio alla descrizione delle cose, alla loro storia iscritta, depositata e tramandata, come alla loro visione e considerazione. Per instillare (quotidianamente, costantemente) un "giusto pensare", una giusta visione, prospettiva. Punto di vista. Non si può ripensare (o ridiscutere) all'infinito se "è giusto avere uno schiavo o no..", e altre simili, inutili, e deformi (o "inquinanti.." ) questioni o quesiti: la questione si risolve, come diceva qualcuno, nell'avere uno schiavo, e dopo il problema non si pone.

Si tratta poi di dare corpo a questa cosa, e nell'evitare ogni possibile fonte di inquinamento o di confusione. ANCHE con i termini e le parole. Le fatiche dello schiavo semplicemente non esistono, neanche dal punto di vista lessicale. Sono DOVERI.
Le "fatiche" (piacevoli o no, a volte gradevoli a volte meno) sono della Signora.

Che ieri sera si è RISTORATA, dalle fatiche della sera.



Ieri mattina lo schiavo ha schieggiato un piatto della Padrona, lavandoli.
Non è stato appropriatamente punito. Adeguatamente punito. La Signora avrà avuto altro da fare.
(O applica il metodo montessori.)
la prossima volta ne scheggerà due, e così andremo avanti sempre verso il meglio. O dovrà auto-governarsi sulle scheggiature dei piatti. E del vasellame.

Al di là di questo, riponendoli poi nella credenza ha scoperto che ce n'è un'altro o due ugualmente scheggiati. Ora, al di là della sfortunata qualità dei piatti che questa volta ha acquistato la Signora (ed è cosa che va da sè ed ampiamente dibattuta), scomodi, fuori misura (evidentemente fragili, hanno uno spigolo vivo) econ la caratteristica di essere "adesivi" per il cibo (o gli avanzi) che vi rimangono depositati sopra, gli ha fatto scaturire delle osservazioni, che poi han seguito il filo maestro della "lavatura di piatti", suo compito quotidiano.

Innanzitutto, l'occasione è stata data dal fatto che quei piatti si dimostrano scivolosi.
E scivolano (di più) perchè lo schiavo usa i guanti, come vuole la Padrona.
Lo schiavo non è abituato ad "usare i guanti", neanche quando spacca le pietre, con le mani.
Della vecchia scuola, gli ha sempre fatto "poco virile". Ora sta imparando, ad essere più "gentile" (deve imparare), accorto, sollecito, cortese. Ed anche i guanti possono essere (un punto, un millimetro...) di passaggio.
Per cui sta dedicando (deve dedicarsi): sta imparando. Ma i guanti sono diversi: falsano il tatto.
E quindi deve mettere attenzione a percepire le cose con i guanti, pena lo sfasciare tutte le stoviglie alla Signora.
Il fatto che stia imparando non significa che non debba essere punito (anzi, certa scuola dice il contrario. cioè deve essere PIU' punito, per imparare. velocemente).
Ma restiamo ai guanti, ed alla loro diversità: innovazione e diversità.
Allo schiavo in realtà piacciono i guanti. Ha cercato di capire perchè.
(al di là del rompere più facilmente i piatti, e che questo lo porrà nelle condizioni di peggiori punizioni, cosa che non lo entusiasma affatto).
Innanzitutto è il latex, cosa che salta agli occhi al primo acchito. Perchè quelli che usa lui sono abbastanza (giustamente?) stretti, cioè aderenti. A differenza di quelli di cavatore, delle alpi apuane. Difatti là sono tutti anarchici: sarà per quello.
E c'è un piacere (lubrico), che rende entusiasmante lavare i piatti.
Ma non è solo per quello, perchè quello è fisico, immediato.
C'è un altro piacere... narcisistico, interiore. Forse narcisistico non è la parola adatta; viscerale.
Un... compiacimento.. viscerale, ecco.
Perchè... avviene?
perchè, uno, nelle immagini (che lo schiavo ha in mente, non sa se condivise da altri), l'uomo che lava i piatti... (di solito in camicia e cravatta.. fa ridere di più,) non usa i guanti. Uno perchè non è abituato (e non si rovina lo smalto delle unghie) a farlo sempre, due perchè fa un po' intellettuale, vagamente di sinistra, che lava i piatti "come se fosse normale", per par condicio femminista, e lo fa allegramente, finita la cena. Con gli amici al tavolo che si bevono le grappe, in maniera conviviale.
Il forno poi non si sa chi lo lava.
Una maniera "ottimista e di sinistra". Mentre i guantazzi in gomma fanno tanto donna delle pulizie, massaia. Un ruolo, una posizione incredibilmente più bassa dell' "intelletuale di sinistra".
La donna delle pulizie (adesso chiamata "signora") non si siede a bere la grappa al tavolo con gli amici. La signora delle pulizie è la donna delle pulizie, la sguattera... con nuovo nome.
Persona molto più umile, nella fotografia e nella scala sociale.
I guanti sono anche della massaia sciatta e trasandata che apre la porta di casa come fosse la porta del mondo, con il secchio ancora in manoe la vestaglia (o il grembiale) addosso. Solo le pin-up tengono i guanti per 10 nanosecondi nel film, le massaie per tutta la mattina.
Mettere i guanti... fa più donna delle pulizie/massaia che jean-Paul Sartre (con tanto di pipa) non c'è dubbio alcuno. Lo schiavo lo trova molto più consono (e rappresentativo) del proprio rapporto con la Signora (che cura le SUE unghie ); più vero.
Lo rendono più umile, i guanti, ai suoi occhi e davanti a quelli della Signora. la quale giustamente non li usa... come Padrona.
E dà ordini alle donne delle pulizie, alla "servitù". La quale non si presenta certamente in tacchi a spillo, e abiti da gran sera.
E lo schiavo scopre di desiderare d'essere, immaginarsi d'essere... la domestica, la donna delle pulizie, massaia... della Signora. E qui il problema è lessicale. cioè, lo schiavo non è che voglia assumere le parvenze dell'altro sesso, cosa improponibile materialmente (se non.. forse.. come umiliazione e caricatura) ma perchè in italiano (come in inglese, come in cinese, come in tutte le lingue forse al mondo): non è declinabile "il massaio". E "domestico" è diverso da "domestica". Il domestico non lava i piatti ed è in livrea. Magari serve in tavola ai padroni ma non... sta in cucina a lavare dalle pantole i fondi di cottura che ha lasciato la cuoca. Il domestico... è già un po' più signorile della domestica, che è anche proletaria e popolare. La domestica ce l'hanno tutti, anche l'impiegato municipale, il domestico è un attimo più su, nella scala sociale.
Per cui "massaia e domestica", per lo schiavo, nel servire la Signora, anche se non si può dire. pronunciare. perchè fa ridere.
Ma i guanti fanno l'umiltà del servizio che lui crede di dover fare, del ruolo (di una parte dei ruoli: l'altro è da schiavo. Un altro (minori questi) potrebbe essere da animale da compagnia, cane scaldapiedi, scendiletto, paziente da visitare, eretico da torturare... a discrezione della Signora. dei Suoi giochi) che ha, nei confronti della Signora. Che non è solo lavare i piatti (pavimenti, ecc) ma essere il più umile domestico, per Lei; quello che è chiamato continuamente ai compiti più umili (oltre a TUTTi quelli necessari) mentre Lei può dedicarsi così a vivere "da Regina" (ed applicarsi a vivere.. DA PADRONA), guardando "allo schiavo" (cioè percependo lo schiavo) proprio come a un suo domestico, più che l'altro (o l'unico) coabitante, della casa. Che poi va a finirla, appunto, che lo schiavo è anche l'"unico altro abitante della casa".
I guanti, in questo, possono aiutare a marcare la differenza, come tutte le altre cose.
Diventano "anche" mediatore culturale. Oltre ad essere in latex, ed a salvare le mani dello schiavo.
"Domestico e "domestica", della Signora.

Anche. Oltre che SCHIAVo, in senso sado-masochistico. Cioè persona da torturare.
Da dominare, da punire. Da addestrare, alla schiavitù più reale e più totale. PER (e con..) il Proprio PIACERE.