domenica 26 febbraio 2012

Tantric Visions of the Divine Feminine









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Le Mahavidyas (Saggezze Grandi) o Dasha-Mahavidyas sono un gruppo di dieci aspetti della Madre Divina o Kali  (Dev,i nell'Induismo). Le 10 Mahavidyas sono Dee della Consapevolezza, o della Visione Profonda, e coprono tutto lo spettro del Divino femminile, da dee terribili ad un capo... a meravigliosamente belle dall'altro.




(Il nome Mahavidyas deriva da radicali sanscriti, con maha che significa 'grande' e vidya che significa rivelazione, manifestazione, conoscenza, o sapienza.)





sabato 25 febbraio 2012

Tango to Evora



Sto finalmente ascoltando il cd che ricevetti in dono.
Bellissimo. ...avvitando viti.

E, sordo (oltre che cieco) come una campana, e gnoccheron (come diceva il Mando).. di mio,
arrivo fin dove arrivo. Come diceva Masarin.

Il quinto pezzo... lo riconosco. (Non vi avrei mai collegato i primi. Io, che riconosco le voci come le sirene. Le sirene sì, ma quelle delle fabbriche, di Porto Marghera.). Mi prende la pancia.
Non ricordo perchè (grazie, lo sappiamo..) ma lo riconosco. Non so dove l'ho visto (finisce.. un film?), ma è... bellissimo. Commozione piena. Senza film, se era un film, solo l'ascolto... è ancora più bello.
Commozione e pianto. como... una "femminuccia", per restare in tema. del post di prima.
Ma al di là del genere, del tao, delle contaminazioni e delle deviazioni, dei ruoli e delle fetish divise, mi prende cuore e stomaco insieme, e poso l'avvitatore.
L'ascolto, come raramente ascolto musica e basta, ascolto musica e voce. E tutto questo mi commuove e mi piace.

Grazie, a posteriori del dono. L'ho ascoltato. Ben dodici ore dopo aver avuto la macchinetta per poterlo fare funzionare.

Grazie... senza parole (come diceva Viktor).









Haris Alexiou
Tango to Evora





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Arrivato.. stamane















Transgender
Lea. Givenchy model














































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Considerazioni semiserie, poco impegnate.

Ma non cosi tanto.
Proprio così tanto disimpegnate.


Sullo Yin - 陰 o 阴 e sullo Yang - 陽 o 阳






Ci sono degli aspetti fondamentali che regolano lo yin e lo yang:
 
COMPLEMENTARIETÁ E OPPOSIZIONE

Significa che sono due aspetti che si manifestano in maniera opposta ma che si attraggono.


RELATIVITÁ

Nulla è yin in senso assoluto e nulla è yang in senso assoluto, ma solo rispetto a qualcosa a cui viene comparato.
(L’uomo è yang rispetto alla donna, ma l’uomo anziano è yin rispetto all’uomo giovane, come del resto una donna giovane sarà yang rispetto ad una donna anziana). Per cui
a)    ogni fenomeno è definito yin o yang solo in rapporto ad un altro che vi si contrappone
b)    ogni fenomeno definito yin o yang può essere a sua volta diviso in una componente yin o yang, o diventare yang, o yin.


TRASFORMAZIONE

Lo yin e lo yang si compenetrano e si generano l’un l’altro continuamente, in un processo senza sosta  di continua trasformazione e mutamento. Il massimo dello yin produrrà inevitabilmente lo yang e il massimo dello yang produrrà inevitabilmente lo yin.
C’è quindi un passaggio di
a)    cambiamento in quantità (lo yang che cresce)
b)    cambiamento in qualità (lo yang che diventa yin)
Dal momento in cui siamo concepiti, fino all’ultimo respiro siamo nella dualità, nell’alternanza degli aspetti yin e yang. Nella vita proviamo sentimenti di dolore o gioia, di forza o debolezza, di odio e amore etc., la nostra vita contiene quindi aspetti opposti di esperienze. 
Questo continuo oscillare da una fase all’altra, senza un aspetto duraturo, genera nell’uomo sofferenza e desiderio di tornare all’unità all’uno nel TAO.


In Bdsm: una donna (yin. Passività, introversione, limite, controllo ecc) che diventa Domina di un maschio (yang. Attività, estroversione, libertà, autorità ecc)... aumenta (o realizza) lo yang che è in lei, tendendo a diventare più completa. Alla completezza (alchimia interiore) dentro di lei (e anche fuori).

Al contrario un maschio (yang) dominato da una Donna  (cioè in Femdom) sviluppa e acquisisce, cioè “si arricchisce”... di qualità o caratteristiche yin (passività, sudditanza, sottomissione). 
chi è strutturalmente yin si arricchisce di yang (lo nutre, gli dà fiato e corpo, vita. Pur rimanendo essenzialmente e totalmente yin -perchè di questo è costituito, nato- acquisisce personalmente lo yang, "diventa" yang, rimanendo yin. (o essenzialmente, completamente yin. Uno yin che "si fa" yang, tende allo yang, rimanendo yin. Uno yin-yang, diverso e forse contrario, o opposto, a uno yang che diventa yin: uno yin...yang. Due risultati completamente diversi, personali, ma più pieni (e ricchi, e perversi e curiosi) di uno yin che rinforza yin, è uno yang che si riempie di yang. Stupidi, nella loro rigida o sclerotica limitatezza. quella socialmente imposta e condivisa. Sarà un caso? In questo modo entrambi si arricchiscono della parte subordinata, meno espressa e meno coltivata, meno “matura” e “piena”, di sé, senza delegarla o demandarla all’altro, e tendendo ad essere persone più complete. In sè, più vere. Più reali e dense. Proprio perché vanno al contrario di quanto convenzionalmente imposto, e stabilito. Cioè della separazione e della parcellizzazione: dell’alienazione. Delle gabbiette predisposte,  o celle obbligate. Di là comincia la libertà (dalle figurazioni sociali), cioè il mistero. Il non calpestato, l'inimmaginato. Una vita non già stabilita. L'eccitazione scellerata. Sessuale, non normata.
Una Donna Padrona ha il ruolo che le spetta,e che solitamente le viene vietato, proibito, perché fa paura. E non a un solo uomo, ma a tutti (o a quasi tutti), un uomo (maschio) schiavo ha il ruolo che deve avere (nei confronti di una donna dominante) ed assume quei ruoli da succube, da sottomesso, che lo liberano dalle gabbie mentali (schemi corporei e culturali, materiali) che lo fanno sentire (quanto mai illusoriamente) piccolo capitano o re, un po’ il capo del creato. E non lo lasciano vedere per quello che è: schiavo senza sapere di esserlo (e senza avere una meravigliosa Padrona).
Cioè il doppio inculato.

Lo yang che diventa (o si appropria, o arricchisce) yin (o il proprio yin), lo yin che si dirige a diventare yang, mantenendo lo yin che gli è strutturale, consustanziale. Magia del bilanciamento, e della complementarietà, e personale maturazione. Spostamento, cambio. Liberazione.
Femdom, in una società maschile. Sadismo, crudeltà, dominazione, dove la donna è sorta come vittima (Sade, Justine), e può inventare invece una realtà ribaltata, un mondo sconosciuto per lei di piacere.
Sconosciuto per lei, di piacere.
E sconosciuto (per chiunque, per tutti) per lei di piacere.






Annuncio





Sono una ragazza cuckold.






Nome: Diane
Età: 26
Città: Milano – Italy
E-mail: dianesub20 yahoo.it

So che l’equivalente femminile della figura cuckold è molto rara e non ho molto da dire tranne che mi sento molto sola e senza difese. Penso che una donna senza un Uomo non sia nulla e che senza l’appartenere a qualcuno sia ancora meno.
Il mio Master mi tiene in casa come una cagnolina, niente di più.
Io sono stata educata come una schiavetta da quando ero vergine, e molto giovane.
Ho molta nostalgia di quei tempi. Ma non mi sento comunque all’altezza di essere la sua donna.
Non voglio una così grande responsabilità, anzi voglio disperatamente che Lui trovi una vera fidanzata ed essere tenuta al mio posto, in cucina, senza uscire di casa, e, se vorranno tenermi, essere la loro servetta. Vorrei vederli fare l’amore mentre io debbo stare ferma magari legata, bendata, in ginocchio e posso avvicinarmi solo per pulirli con la lingua, voglio che si amino tra di loro ed io, resterò in ombra senza disturbare.
Da tempo ho desiderato una ragazza a cui volere bene e che potesse vivere almeno una parte della sua vita con noi.
Con sottomissione ed amore questa volta.
Io mi sono sempre sentita più la sua bambina, una figlia adottata che vuole solo il bene del suo papà.
Ho capito che io posso essere forse una buona seconda schiava, una bambolina bionda nelle mani di un uomo più grande e magari di sua moglie o della sua compagna, ma non credo di essere capace di essere davvero la sua Donna la sua vera Schiava.
Io vorrei essere trattata come una bimba obbediente così come tanti anni fa Lui mi ha conosciuta. Niente di più che coccolata, usata e punita da una coppia che mi controlla. Sono molto carina, giovane e bionda, credo di potervi piacere.
Grazie a tutte.
Diane


Questo annuncio a pagamento è presente da mesi su una pagina della Gabbia, luogo che ora non visito praticamente mai (cosa ci vado a fare, ora -e da quando...- appartengo alla Padrona? Non ho altra libertà, spazio d'attenzione, altra possibilità che lei, e tutto si esaurisce nell'essere suo, suo schiavo e basta; non c'è spazio o possibilità per altro, che essere "suo", il resto non ha possibilità d'esistere.).
L'annuncio che ho postato è sempre al primo posto in apertura proprio in virtù del fatto di avere acquistato lo spazio.
Sono mesi che lo guardo, mesi che ce l'ho presente, che ce l'ho... in testa.
E sono mesi che l'ho copiato/salvato, con l'idea che potesse venire tolto, un giorno di non trovarlo più.
La ragione è che mi ha colpito, e che ancora mi agita.. cioè mi tocca come vivo. Lo trovo struggente.
Al di là dello specifico (di magari facilmente immaginabili elementi che lo identificano e lo reggono, e di più difficilmente giudicabili marchi o vissuti personali che appartengono alla persona che lo propone, e alla sua storia, alla sua soggettività, alla sua specifica individualità) ci sono delle note che mi emozionano.. come accade per qualche raro libro o davanti a qualche film; immagini che mi risuonano in maniera immediatamente intensa ed a cui aderisco identificandomi con questo... sogno. Elementi che esprimono precisamente (e fortemente) delle emozioni assolute, e situazioni che le dimensionano, al di là della raffigurazione specifica e precisa.
O forse sono solo le fortissime emozioni di questa ragazza-Diane ad insorgere ed irrompere fuori dal testo, forzando il limite delle parole ed arrivano fino a chi le legge, per sè stesse. Ma l'uno o l'altro che possano essere i motivi, è l'intensità e il sapore dell'immagine a colpirmi, come nei pochi film che si incontrano "di dura violenza di strada".
Queste sono... la controfaccia della luna, che illumina questo quadro. Questo qui, da cui sto scrivendo. 
Come nelle illustrazioni forse per Verne, o di qualcun altro ottocentesco.. prima delle astronavi. Rappresentazioni in cui il quarto di luna era un volto di profilo (con tanto di occhio, di naso) che dava luce alla scena. Ora la luna... è diventata la mezza faccia del tao, quella bianca. Ed il cielo in cui si imemrge, o è appesa, è la mezza faccia nera. Esse si compenetrano e si completano a vicenda, restando sempre separate. Intrecciate.

Per finire la metafora, o la sovrapposizione, l'esemplificazione... e precisare il quadro, i contorni: non esiste la mezza faccia del tao. 
Il tao E' TUTTO intero ed è composto da due facce, indissociabili nel loro procedere, nel loro esistere.
In questo l'immagine del Tao è migliore di quella della luna, perchè quando nominiamo l'altra faccia di quella la immaginiamo sempre come qualcosa di contrapposto, piuttosto che di "compenetrato", nella sua completa opposizione; di ineliminabile, come il bianco dal nero. Il bianco e il nero non sono le due facce della luna, che sono antagoniste e non si incontrano mai, ma le due parti, o i due fronti, dello stesso Uno. 
"senza lo Yin non esisterebbe lo Yang e senza lo Yang non esisterebbe lo Yin"  -Tao Te Ching, cap. 39.-
 
Nella fattispecie (cioè in questo quadro) gli aspetti, apparentemente contrapposti, le "due gambe", che mi emozionano (e forse.. anche realmente contrapposti, come lo yin si contrappone a yang, nel Tai Chi Tu 
[Taijitu -太極圖 ] sono da un lato il rapporto, la relazione strettamente personale schiavo/Padrona, intima, strettamente intrecciata. L'educazione, l'addestramento il dressage, le torture. le punizioni, il piacere. Il servizio e il servire, l'appartenere, l'essere a completa disposizione. Nella... completa disponibilità e disposizione, della Padrona.
Questo rapporto assoluto, per lo schiavo, ed intenso per la Padrona, questa stretta (e presente, materiale) catena di dominazione. Che lega e si impossessa dello schiavo, a tutto vantaggio della Padrona, che lo possiede. Ecc.
Dall'altro (oltre l'unione -o ciò che unisce-) il distacco più totale, la più algida distanza, la separazione. Il Potere; l'ALTO e il basso, la piena realizzazione di "schiavo e Padrona". Nell'annuncio... "schiava..." al di là delle specifiche soggettività della sua persona. 
Essa qui dice: "...voglio disperatamente che Lui trovi una vera fidanzata ed essere tenuta al mio posto, in cucina, senza uscire di casa, e, se vorranno tenermi, essere la loro servetta. ". E poi ecc.
Dove l'inopportunità del "voglio" è compensata, pareggiata, e perfino permessa dall'appena successivo "disperatamente", che dà tutta l'intensità della necessità, dello struggimento per il benessere, l'appagamento del Padrone. Tanto che non lo dice a lui, voglio, ma ad un'estranea che spera diventi la sua fidanzata, e a cui dice.. si rivolge... garantisce: "voglio, disperatamente."
Un'estranea, sconosciuta, teorica e astratta e che spera che compaia, che esista e si faccia reale. E a cui offre tutto ciò che possiede, nella schiavitù: il potere ed il piacere del Padrone, che spera si realizzi e si faccia ancor più assoluto.   

"Voglio che si amino tra di loro, ed io resterò in ombra senza disturbare." promette. E (lasciando perdere "il padre"...) poi "io posso essere forse una buona seconda schiava, una bambolina nelle mani di un uomo... e magari di sua moglie o della sua compagna, ma non credo di essere capace di essere davvero la sua Donna o la sua vera Schiava" e lì addirittura si dimette, si degrada dall'essere anche solo Schiava. O... "prima schiava".
Dove la schiavitù è totale (mi pare). E quindi bellissima e assoluta.
"Vorrei vederli fare l’amore mentre io debbo stare ferma magari legata, bendata, in ginocchio e posso avvicinarmi solo per pulirli con la lingua" e questa è chiaramente una fantasia (difficile "vederli" mentre si è "bendati", "avvicinarsi" mentre si "è legati"..) che gli prende la mano ma invece è anche bella, sincera, perchè comunica l'intensità del desiderio, dell'accorato appello,... "disperato".
"Io vorrei essere .. usata e punita da una coppia che mi controlla.": e non una coppia qualunque, ma la coppia formata dal
Suo... Padrone! E qui finisce, l'intensità di questo appello-annuncio, di questa disperazione. Della schiava che vorrebbe avere un Padrone, che oltre ad avere lei e ad essere padrone assoluto avesse anche una vita (di relazione) "normale", una compagna una moglie una fidanzata, qualcosa, e che questa relazione la trattasse come la sua (la loro) schiava.
Fuori da quell'intimità assoluta che si crea nella relazione esclusiva schiavo/Padrone e che diventa poi specchio, complicità, legame.
Lei chiede quella differenza fra Yin e Yang che si fa completa, fra monte e valle, alto e basso, sudditi e "Duchi" (nelle diverse traduzioni).

"...
Vacillerebbe
lo spirito senza di esso.
Si dissolverebbe.
La valle senza di esso
si prosciugherebbe (perderebbe la capacità di attirare le acque).
Gli esseri senza di esso, che li fa viventi,
svanirebbero.
I sovrani senza di esso
non emanerebbero la calma, decisa influenza ordinatrice .
Il nobile poggia sull'umile
Il sublime (il superiore, il complesso) poggia sul semplice."
(Sempre il cap. 39, in una qualsiasi traduzione).

E questa è la seconda gamba, come schiavo, che mi inquieta e mi emoziona.
L'intimità e l' "unione" derivata dalle torture (punizioni servizi umiliaz, ecc, "educazione") (o posata su questo)... è la prima,
e il distacco, servire una Padrona che ha (relazione.Relazioni...) con un uomo -o uomini- suo(suoi) pari la seconda.
Il venire conosciuto e riconosciuto, percepito come... schiavo, in relazione con persone che sono conosciute e riconosciute come "normali" (pari), che a loro volta conoscono e riconoscono... trattano.. la Padrona come Donna libera e uguale, e lo schiavo come schiavo (siano essi Master o no) rende e certifica, da fuori, l'esistenza di schiavo e Padrona, come dire... la concretizza (o riempie) e la sugella. (Che poi si sa: Uomo... -maschio... femmina..- non è così assolutamente inevitabile, certo che l'appartenenza allo stesso sesso stabilisce uno specchio, un confronto ineliminabile fra ruoli (e quindi soggetti coinvolti) una gerarchia. Fra uomo-donna "libera/i" e lo schiavo, di sua proprietà e... pertinenza. Fra il servire, essere nel dominio, ed essere Padroni. e quindi tutto il castello.. d'esperienza.)

Al di là di "pulirli con la lingua" o meno, ma come realtà concreta e vera.
Come essere schiavo a una Padrona. E da questo ne discende un mondo: cioè come essere "schiavo" ad altri in virtù -e per necessità- di esserlo di (di una, della) Padrona. Come coerente estensione, estensione legittima e necessaria.
E come essere Padrona e Donna "normale", cioè come Padrona avere una vita da Donna libera, e non castigata.
Cioè essere Padrona. E Padrona di uno schiavo nella fattispecie.
Bdsm puro, e non solo dominazione... matrimoniale.
Femdom e bdsm insieme, la pratica che si fa erotica e non solo teorica o culturale.
Ed oltre ad erotica, strutturale (e spietata, a-morale) sul potere. 
Femminile, femdom, in questo caso.

Si aprono abissi di paura, e di attrazione, da e con (su) questo annuncio.
Abissi di abiezione. Di paura e di timore, e di attrazione, in questo caso.
L'abiezione è per mutuare Genet. Il timore e l'attrazione, vengono dal tao.
L'eccitazione e la dominazione, dal bdsm... puro.
O dalle pratiche urbane di delirio (estatiche..), sconvolgenti, e di liberazione.
Ovvero sessuali estreme.

La seconda gamba e l'inquietudine, la paura-attrazione, estrema.
Gamba su cui si regge... alla lunga.. il sistema. In coppia con l'altra. Insieme con la dominazione, il sadismo, la sessualità, ecc) esclusiva ed individuale.
Terribile corno, corni, della questione.
Che pongono le condizioni in termini estremi, e quindi orgasmici.
In una realtà sociale (e quindi personale) altrimenti ottusa, ovattata. E quindi scontata. Protetta, o appiattita. Banale e quotidiana prigione di vita.
Nella realtà occidentale normalizzata. Diverso sarebbe fra i canaloni del messico o sotto le rupi del cervino...
Ma qui o in altre realtà quotidiane si è impastati, travolti e determinati da esperienze come le inquietudini dell'IMOB. Che si fanno totali.
Un po' come in Stanlio e Olio, come "fischiare in giardino". E voglio capire come si sposta qui, come possibili modi -magari sessuati.. - la castanediana e quotidiana "prima attenzione", per prepararsi e praticare nel "nagual", che è spietato.


venerdì 24 febbraio 2012

Con Madame, stamane.



- mi eccita

essere schiavo di...
.. appartenere a...
una DONNA DOMINANTE.
(a proposito di Femdom, femminino e femminismo).
"Buon per te."  Ha ribattuto la Padrona.

Nota

Devo imparare una cosa.
Cioè devo capirla, e spero (attraverso l'addestramento) di impararla.
Cioè essere addestrato.. a fare ciò che vuole Madame.
A fare proprio, ed esattamente, ciò che vuole. Ciò che vuole LEI.
Difficile da capire.

Ho capito, (su questo e per questo) una cosa.
E cioè che devo proprio cambiare metodo.
Non ci son versi, e me ne rendo conto ogni giorno. Cioè ogni giorno ci sbatto contro: sbatto contro questa cosa.
E cioè devo cambiare, ma DEVO proprio, ciò che ho fatto per tutta la vita. Sennò non se ne viene fuori.
Altrimenti -ed è la prima volta che me ne rendo conto, la prima volta che vedo o penso questo in vita mia- così non funziona.
Cazzo l'ho fatta (forse funzionare, ma spesso no, ho fatto finta di non entrare nel merito, o di non vedere, ho spostato letteralmente montagne... creato mondi e universi, soluzioni, per risolvere le questioni, ho formato e forgiato stati, dimensioni)... e qui non funziona. Qui ci sbatto il muso contro un muro. Non posso essere schiavo di Madame e non cambiare sistema. Debbo girare la mia testa di 180 gradi, la mia mente per come funziona, il mio cranio. Devo (e dico DEVO, non "voglio" o è opportuno, e probabilmente devo esservi costretto, addestrato, "forzato a" ) cambiare sistema. Resettare tutto, e mettere dentro altre informazioni, altri dati. Altre priorità e doveri. Sistemi.
Essere schiavo di Madame. Essere schiavo di Madame (...parola per parola...)
Essere
schiavo.


di Madame, essere schiavo di Madame significa non fare di testa mia, mettere via la testa mia e fare ciò che vuole Lei.
Perchè la testa mia in questo caso/cosa non funziona (e probabilmente non ha funzionato neanche nelle altre, o con altre, solo che lì non lo vedevo. O lo accettavo, o lo facevo passare, accettare.
Ma qui non passa, Madame non lo accetta. Esige. Ed ha ragione, me ne rendo conto bene.).

Nel merito. Io ho sempre (e dicesi SEMPRE, ma scritto in grassetto), probabilmente da quando sono nato, e come metodo strutturale mio, fatto le cose all'ultimo momento. Dalla dichiarazione dei redditi alla contabilità a prendere il treno; sempre mezzo minuto prima. Dieci secondi, mezzo secondo.
E qui evidentemente non funziona.
Sicuramente spesso non funzionava anche prima, e perdevo il treno o imbucare la raccomandata, la busta, ma qui non funziona PROPRIO.
E farle all'ultimo non paga. Non posso essere schiavo all'ultimo minuto. Bisogna che mi rassegni, a fare le cose per prime. Prima. Al contrario (di ciò che faccio e ho sempre fatto) dell'ultimo secondo.

ora, è chiaro che se questa è struttura... resta struttura. per quanto io faccia o pensi o voglia, la struttura tende sempre a venire fuori. Quello è (o sarebbe) lo stile. E quindi è questione di... addestramento, come cavalli imbizzarriti o selvaggi al dressage. O solo strambi, selvatici, o viziati.
E' addestrare lo schiavo a non essere come sarebbe: farlo proprio. Avere (fare) uno schiavo che si comporti in modo diverso da come sarebbe la sua struttura (e tenderebbe sempre a rifarlo... anche dopo quarant'anni, perchè è proprio fatto così.) Trasformarlo, addestralo, forgiarlo. Ad essere lo schiavo della Padrona (e perfetto è se così non sarebbe: si vede la differenza, si pretende la differenza e la si ottiene. Per sè... perchè si è Padroni, Padrone. Si ottiene lo schiavo che serve, e che si vuole per sè. Come si vuole e si pretende, e non come è. Credo sia un piacere assoluto. Ma non è quello ad essere importante, per me. Io devo solo cambuiare testa.

Essere schiavo di Madame (non "lo" schiavo, che non è esclusivo. Madame può avere quanti schiavi vuole, s eli vuole. E' darsi troppa importanza.) è essere schiavo di Madame, non fare le cose che si vogliono, come si vogliono.
Spero... di imparare, con l'addestramento. A servirLa. Completamente. Ad essere schiavo di Lei. Al suo servizio.
Per il Suo piacere. Padronale. Per servirLa.

Per ora ho capito questa cosa: devo cambiare la testa. Il modo, l'approccio. Agli ORDINI di Madame. Completamente. Non sarà facile. Ma solo quella è la soluzione. La strada. La intravvedo.
Importante sarà farmela seguire. Presumibilmente con la frusta. Più che a zuccherini. Temo.
A me il ripetermelo 500 volte al giorno. Sempre. Essere schiavo di Madame.









giovedì 23 febbraio 2012

Film


dono oggi di Madame...



Il magnifico cornuto
..
( The  Magnificent  Cuckold )










Lo si guarderà quando Madame ne avrà voglia.






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Out..look









Sabato sera ho intuito -da alcuni apprezzamenti di ritorno- che Madame ha spiegato ai suoi amici ospiti a cena, mentre gli mostrava la casa, che io non dormo presso di lei (o nel suo letto). E che la camera Sua è soltanto Sua. 
"Dall'.. outing  all'out.. look.. ".
Io ero indaffarato che stavo cucinando, ed ho colto delle battute di risposta.
In cucina non avevo sentito quello che aveva detto loro.
Come tutte le cose che rendono condivisa, e tangibile, questa relazione ne sono stato turbato. O toccato, o emozionato.

Madame è meravigliosa.
Lunedì mattina, sono passato per il bar dove si erano fermati per l'aperitivo prima della cena.
La gestrice mi ha detto: "ho visto la Signora... , l'altra sera, con i suoi amici, mentre tu eri a casa a cucinare.
Ma allora... sei proprio schiavo! Adesso sei proprio suo schiavo."
Precisamente.
Ovviamente non sapeva quanto ci azzeccava. O forse sì, in parte, perchè è una persona assai intuitiva, ed a volte intuisce cose che proprio non conosce (o non saprebbe immaginare).

Ed io naturalmente, senza entrare nel merito l'ho confermato.
Cioè non l'ho minimizzato, o compensato con qualche altra considerazione.
Ma ho semplicemente detto: "Certo. E' vero.", mentre le sorridevo, quasi a comunicare che andava... tutto bene.


Cuissardes















Gelosia








Ieri sera ho sofferto la gelosia.
Sì lo so che è cosa ridicola ed inquietante.
Assolutamente senza senso, anzi totalmente al contrario di ogni buon senso. Ma proprio al verso opposto, anzi in controsenso. Ma così è andata.
Perché “contro-senso”? Perché “io” (prendiamo l'io normale -o storico, o precedente)... geloso?
Sembra andar contro il percorso (non solo mentale) di anni, e di una lunga strada precedente.
L'io schiavo (o io presente)... come può essere geloso, uno “schiavo”?
E geloso poi della Padrona, è completamente folle, e controsenso. Completamente improponibile, errato, impossibile da assumere e da giustificare. Secondo ogni punto di vista. (Uno schiavo non può “permettersi”, di essere geloso della Padrona. Deve solo servirla.)
Infine... non ve n'era alcuna ragione, e lo sapevo benissimo.
Nessun senso, e nessuna argomentazione, appiglio, sostanza.
All'osteria, mentre chiacchierava con M. Un amico.
Ma ho visto la gelosia. L'ho riconosciuta, provata. Una gelosia antica.
Quella gelosia che rode le viscere, che fa sentire legati. Impotenti, vittime della perdita (assenza, mancanza) della persona stimata.
Una gelosia di trent'anni fa (e anche dopo) che pensavo che non avrei più provata.
E che ho ritrovato invece in tutto il suo sapore, per quanto -ovviamente- in più modesta misura (e non di una dimensione così assolutamente sconvolgente). Ma il sapore era lo stesso: era lo stesso gusto, esatto.
A differenza di un tempo l'ho guardata. Riconosciuta e provata (non che sia un gran risultato: era diversa la grandezza, e il ruolo -aiutava, in questo-. O forse la causava.).
Ma stupore che sia avvenuta, che sia... comparsa. Non me l'aspettavo. E l'ho vista precisa, in trasparenza. Apprezzata, come “sofferenza”. (Di questo forse la Padrona ne trarrà piacere. Dalla “sofferenza. Per lei. Geloso. Per quanto ci vadano le virgolette, per rispetto... a Lei, e al Suo potere. Al Suo ruolo. Che non è soggetto a gelosie di uno schiavo. seppure le provoca, e ci gode)
E dunque perché?
Stupidamente, perché. E meglio, perché si manifesta pienamente, chiaramente, dimostrandosi in-fondata.
Perché la Padrona era fuori che parlava con M. (di cui non sono invidioso della compagnia, cioè non ho rammarico per tale mancanza). Rideva e scherzava. L'uno di fronte all'altra, con un bicchiere di vino in mano. M. (Padrona) molto disinvolta (e, credo, compiaciuta) ed M. (l'amico) felice e lieto.
Io ero dentro, appena oltre la porta e la vetrina, con E. (altro amico) impegnato con lui a chiaccherare. E. ed M. non si conoscono, e non avevano ragione di desiderare di farlo, e quindi io ero isolato, con il primo.
Questo non poter uscire (ed essere impegnato con E., e con i discorsi suoi) mi ha mosso... gelosia. L'ho sentita arrivare. Proprio da lontano, pulita pulita.
(Chiaro che adesso, a cento anni, ho anche due occhi un po' più lucidi per vederla, senza confonderla, o confondermi.
Ho... la vista un po' più precisa.)
Stupore, ma rimaneva. Era proprio la Signora Gelosia. Uscita chissà da dove, tutta in ghingheri e con i tacchi a spillo, fru-fru, seppure non faceva chiasso ed era piuttosto sommessa.
Ma inequivocabilmente si è presentata a farmi visita, e in pompa magna. Cioè pienamente signora, e sé stessa.
Dentro e attorno ci giocavano, come valletti, il fatto (il primo fatto) di M. con la Padrona.
Di quando si era innamorato, e mi aveva poi chiuso fuori dalla porta di casa mia, insomma quella serata. E poi la seconda volta, quando la Signora (M ) se ne era parzialmente (o tanto) eccitata, e si figurava o fantasticava di chiamarlo direttamente per scopare assieme.
In più, il fatto di essere escluso.
In questo (in questo “quadro”, e dato questo “quadro”, per quanto bislacco sia) andava IN SOMMA il fatto di essere schiavo (e quindi a rinforzo...) di non poter PROPRIO avvicinarmi (cioè fare in modo di non essere escluso). Su questo, l'impossibilità “materiale” data dalla presenza fisica dell'altro amico, faceva da serratura, chiudeva la prigione.
Cioè ero impossibilitato a cambiare le cose (e l'ordine delle cose), per quanto inventate (e, forse, pure infondate..) fossero.
Da lì la gelosia ansiosa, che non conosceva ragioni.
Il fatto di essere schiavo, siglava con fermezza -o con sensazioni materiali- il fatto che, SE FOSSE STATA VERA... non avrei potuto farci niente lo stesso (o a maggior ragione).
Quindi, che la ragione, la situazione fosse vera o meno (giustificata o meno) aveva minore e relativa importanza di fronte al fatto che non avrei potuto farci niente in nessun modo, e che dovevo subire il fatto (che era quello che stavo facendo in quel momento, seppure in una dimensione cerebrale o simbolica). Come minimo la raffiguravo e la vedevo... come una minaccia o una promessa. Con in più il fatto di essere astratta, e quindi neanche percettibile o contestualizzabile nella sua realtà.
Di fatto... ero terribilmente geloso, legato, dolorosamente geloso. Senza averne ragione, né possibilità.
E' stata una bella esperienza. Curiosa. Sia come schiavo (di solito questo non accade, o non forse non dovrebbe accadere, e chissà o come avrebbe a ripetersi, in occasione reale. Se per nulla o in maniera precisa, o parziale. O non “pura”, cioè mescolata con altri moti o emozioni, e non esclusiva e isolata)... che per aver ritrovato una (e più d'una) vecchie emozioni, che credevo estinte, e staccate. Ed invece esperienze presenti, sotto pelle, a disposizione.
Per un vissuto da schiavo, che sono io, tutto da scoprire. In un'altra emozione, altra situazione, su cui questi temi sono, sono stati, e vengono vissuti.
Per il Piacere della Padrona, qui.

E di farmi soffrire, con pieno Potere .
Del Suo piacere.
E così sia

Sogno










Stanotte è andata “peggio” (come diceva Pasqualino): si è ripetuto il sogno di ieri.
Repetitia iuvant, dicevano i padri. Si inseriscono le sottolineature.
Vero è che il sogno si mescola alla realtà, e parte da questa, ma interessante è la ripetizione, seppur parziale, di registri.
Mi sono coricato alle 6.10, con la sveglia puntata sulle 6.50. E questo per colpa dei trojan.
Ed è chiara l'ansia di riposare un poco. Ma mi sono sognato che dovevo fare presto, che dovevo fare in fretta, perché dovevo morire. Questa volta direttamente io, senza false nonne a far da copertura, da controfigura. (Sfido io, in quaranta minuti di sonno non è che ci sia tanto tempo... per i decori.)
E la morte non era affatto truce e neppure cupa. Era una morte neutra e necessaria, un atto dovuto.
Ma mi ripetevo che dovevo fare in fretta le cose che dovevo fare (in questo spicciolo caso era sistemare le cose ed il pc con i trojan. Ma non credo che le scadenze fossero le rate dell'automobile o i versamenti dell'Iva, come confine con la morte, la morte “vera”.) Perché poi, a breve, sarei dovuto morire.
Ora, posto che mi sento sano più o meno come un pesce (o almeno a sufficienza per proseguire in questo pellegrinaggio terreno), la morte risuonava con i temi e le sensazioni della sera prima.
Ed era, nel dormiveglia che accompagnava il sonno, in quella mezz'ora (in cui a volte mi accorgevo di essere sveglio e mi sforzavo di dormire, visti i secondi a disposizione, ed altre dormivo e mi sentivo spinto a svegliarmi, sapendo che comunque sarebbe accaduto da lì a minuti..), era “chiara” (per quanto può essere chiara, in quelle condizioni -o forse proprio chiara, immediata, senza filtri mentali, in quelle confusioni) l'aggancio, la connessione, di quella “morte” con il bdsm. La “morte” in questo caso ERA il bdsm. O “quella morte” nel e del bdsm al matrimonio di ieri. O a qual mondo ripetuto, previsto, e ritenuto “normale”.
Ed era, in questo senso la intendo come morte, come chiusura definitiva, o potremmo dire “assoluta”, cioè senza margini di comunicazione. Di interscambio, o luoghi in comune. Rapporti, relazioni.
Come “vita nova” (mutuando dante, ancora).
E questo (questa inquadratura) da sveglio mi fa anche paura. (Così con toni drammatici, onirici, fortemente drappeggiati. Diciamo “estremi”.) Inquietudine, sicura. Ed anche preoccupazione, paura. Paura per la realtà che si verrà (verrebbe? Boh..) a determinare.
Ma nel sogno no. Dove compare, con quei tratti così enfatici, definitivi, non c'è paura, ma solo sguardo a ciò che accade.
Curioso, come a scuola, quando ti ripetevano in due minuti la lezione precedente, per assicurarsi che ti sia entrata.
Anche se questa volta è tutta colpa dei trojan e della notte breve, che si è determinata.
Ma la colonna musicale era dello stesso autore.
La vedremo dal vivo. In concerto on-line (ah no: life. Zoppica ancora un poco, questo mio perfetto inglese.)
Forse, chissà.
Non dipende da me, io ci metto solo la morte del matrimonio e paura. (uno in sogno e l'altra da sveglio. Forse tutte e due giustificate). E divento ogni giorno un millimetro più dipendente dalla Padrona. Con sua piccola soddisfazione e buona pace. Vedremo domani.

martedì 21 febbraio 2012

Lavatrici? Lavatori o lavatrici?






La Signora, se vuole che venga fatto come si deve, dovrà spiegarmi ancora come si lava la Sua biancheria, pena il rischio di fare danni con la lavatrice. E soprattutto che vi butti in questa la roba che va lavata a parte. (Se ce n'è).
Indipendentemente che il bucato a mano DEBBA farlo io o meno. Cioè, andrà fatto come dice lei.
E' solo per procedere serenamente con le lavatrici della roba scura, quando è il caso.





Marpa









  Marpa


E Marpa si comportava perfettamente (e genericamente con  "amore"..) trattando Milarepa come uno schiavo (che i "servi " percepiscono un salario, solo agli schiavi si risolve la paga con la schiavitù). Trattandolo in maniera assolutamente spietata e crudele. 
Perchè questo era il suo destino (di Milarepa, ma anche di Marpa) il suo luogo. E questo andava, ed era, nell'ordine delle cose.


 Milarepa


Non credo che Marpa sia stato meno spietato, o abbia fatto costruire inutilmente una volta la torre in meno, per "amore". Lo lasciava in mezzo ai sassi a spaccare pietre, di notte fuori al gelo. Non lo badava e non gli insegnava niente, non gli dava niente. Ed era anche il "suo" destino o la sua prova, la sua strada. La "sua" storia chissà perchè, e in questa si comportava con la stessa applicazione, allo stesso modo, che se avesse dovuto insegnarli i sutra o il Dhammapada. 
E Milarepa avrebbe potuto anche morire in questo compito, non c'era niente da fare.
Ora, io non credo che amassero o si amassero di meno, che se avessero studiato il Dhammapada.
Era soo e semplicemente così, per qualche ragione. E solo costruire e distruggere nove torri in pietra, è servito a Milarepa per poter diventare discepolo, poter cominciare. E a marpa a chissachè. Solo che ne parlano ancora.




 Milarepa's cave





 Milarepa Gompa




Milarepa Tower

Il libro dei piaceri





“...
Esclusi dalla partecipazione autentica, i gesti dell'uomo deviano nella fragile illusione di essere insieme o nel suo contrario, il rifiuto brutale e assoluto del sociale. Essi oscillano all'uno all'altra in un movimento da bilancere che fa scorrere le ore sul quadrante della morte.

Sei pronto, perché mai il tuo desiderio debba infrangersi, sei pronto a infrangere gli scogli del vecchio mondo?
Ciò che fa difetto agli amanti è di amare il loro piacere con più conseguenza e più poesia. Il principe Shekur, si dice, conquistò una città e la offrì alla sua favorita per il prezzo di un sorriso.
Ecco dunque in alcuni presi dal piacere di amare senza riserve abbastanza appassionatamente per offrire all'amore il letto sontuoso di una rivoluzione.”

Traité de savoir-vivre à l'usage des jeunes générations. -1967, Gallimard-.
pag 28 dell'ed. italiana -Vallecchi, agosto '73-. Prima pag, scritto a mano: claudia '74.


1974!! Signori. Neanche un anno dopo, la sua uscita italiana.
“amare senza riserve abbastanza appassionatamente per offrire all'amore il letto sontuoso di una rivoluzione“.




Ora, circa settant'anni.. dopo, e molte vite e molti “mondi” (mondi reali, e mondi immaginali) dopo, oggi abbiamo alcuni strumenti.. per capire.
Strumenti strappati con le lime, con denti ai lupi dentro notti gelide e artiche, e le atmosfere scure.
Abbiamo degli strumenti per spiegare. 
Strumenti forgiati nell'acciaio della... merda, del lavoro di ogni giorno (quello di vivere) e delle galere... della vita.
Strumenti semplici -grimaldello, martello, leva, lama - ed impeccabili, con cui entrare in merito, e con cui decodificare. Anche. Vedere/dire.
Taglienti. Non male.



Nel lessico, nell'uso del lessico. Finiti gli anni post sessantotto, i sogni dei giovani coi fiori, e le atmosfere di “liberazione sessuale”... cosa ne resta dell' “amore”? Ovvero, cosa vuol dire (e come si può intendere) oggi.. l'amore? Se lo consideriamo come gli innamoratini di Peynet




forse siamo fuori strada. Perché giustamente lui è nato nel 1908 (sessant'anni prima, del '68) anche se li ha fatti per 150 anni, diventando eterno.






Non vanno più perfettamente bene, gli innamorati di Peynet, anche se tengono in piedi il moccolo, a San Valentino:essi  non sono più perfettamente... oliati, sincronizzati ed espressivi. Di questi tempi.
L'amore non è più la famiglia (casa tetto e chiesa) e neanche la coppia (anche), rilassata.
(intesa nell'etimo di Severino. Lett: “rilasciata”. -Severino faceva il filosofo, e il falegname. Il primo decisamente male, il secondo... così così. Ora riposa).
Non è neanche il miele della new-age.
Non è né carne né pesce: cos'è?

Proviamo... (levati gli strumenti da scassinatore dalla borsa dei ferri) a sostituire l'amore, gli amanti dei primi anni settanta con pratica, e praticanti. Gli amatori di discipline tradizionali sapranno ciò che si intende dire. Gli stagisti dei corsi post-infermieristici e ospedalieri, meno.

Ed armati di questi tronchesi che ci fanno tagliare le reti, come in val Susa procediamo.

Il Maestro... bastona “per amore” il discepolo.. nella pratica dello zen? O per interesse personale?
Marpa, il discepolo di Naropa, fu per amore o cosa che costrinse a costruire torri di 9 piani a Milarepa, che poi gli faceva distruggere, e ricostruire?
(“Fu così che, all'età di 38 anni, Mila divenne allievo del grande traduttore Lotsawa Marpa, il quale gli concesse di restare nei suoi terreni, ma si rifiutò di ammetterlo tra i suoi studenti e di concedergli qualsiasi insegnamento.
Per sei anni Mila venne trattato come un servo e gli fu ordinato di svolgere lavori che mettevano alla prova il suo fisico con difficoltà insostenibili. Gli fu addirittura ordinato di costruire e distruggere ripetutamente una torre di nove piani. Non lasciandosi scoraggiare dai progetti alquanto mutevoli di Marpa, Milarepa riuscì a completare il lavoro (e si dice che la torre da lui costruita svetti tuttora in Tibet). Wiki). O era pazzo Marpa, o disinnamorato?

Non era per "amore" che Giordano, Tommaso, Galileo si ersero contro Santa Romana Chiesa, che pure amavano. (Per amorte del vero..) Cosa c'è di diverso nella “pratica” (che è inflessibile, spietata anche, delittuosa. Che non è -per intenderci- niente di simile agli innamoratini di Peynet) che... nell'amore?

Dove l'amore è quello che regge e forma tutto, secondo i testi mistici e sacri; che tutto informa, permea e sostiene. E la via della “pratica” non è la via dell' “amore”? Dell'amore sublime, e divino? (Lo dicono, in malo modo, persino quelli della niù age). La pratica di seguire e di cercare, di uniformarsi a ciò che è. Amore, amanti, praticanti, dio, tao... sono la stessa cosa.
Merda, sasso, sole. (questo per usare i termini tantrici). Anche se trattano Milarepa sei anni come un servo, e con il bastone. Senza riconoscerlo come discepolo e senza insegnargli nulla.
Quanti sono i maestri che spediscono i discepoli per anni a ribaltare i sassi del torrente, a levigare tegole in coccio per farne specchi, a pulire milioni di volte la stessa piastrella? Nulla hanno a che vedere con la melassa della coppietta, degli innamoratini di Peynet. (Che andavano benissimo... circa.. intendiamoci. Rappresentavano un sogno (il poeta, la fanciulla) uscito durante la guerra.
Ora abbiamo gli strumenti (alcuni strumenti) per leggere anche il “Trattato”, fra le righe, Oltre le righe. E divertirci con la scrittura situazionista. Come peraltro ci siamo sempre divertiti.

E dal Trattato al dono, di oggi, per Madame.
Innanzitutto un libro verde, che così sarà gradito.
Poi situazionista (post-situazionista) del buon Raul Vaneigem. Che ha mosso ettolitri di sudori, e di giovanili furori, il raul. Prima di essere espulso, anche lui (o radiato?) dall'Internazionale.
Qui con un libro che almeno nella descrizione di copertina, si muove negli interessi di Madame.
Il piacere, i piaceri.


Ça va sans dire, è un oggetto infrequente e curioso, nel panorama degli incontri librari casuali. Trovato in una bancarella a San Barnaba, è un dono intenzionale e voluto. Per quanto tocchi luoghi marginali e devianti-deviati, rispetto al Tema.. di questo blog. E di questa vita. Ma così è la vita.

Sempre meglio che costruire murette nei valloni tibetani, per capire qualcosa.

La felicità non si paga, si strappa alla società.. che la vende.” pag. 62. Non è “riformismo” puro.
E neanche coccarde di vecchi par
migiani.
L'emancipazione autonoma degli individui è la sola base di una società senza classi.” pag 143.
Poi quello che c'è scritto dentro, se non ricordo male, è solo un bel giocattolo.
'80, Arcana. Sono 22anni che non lo leggo. E ci sarà anche un motivo, ritengo.

Un giocattolino, un dono per Madame, oggi. Vaneigem.
Dal suo schiavo.