Stanotte
è andata “peggio” (come diceva Pasqualino): si è ripetuto il
sogno di ieri.
Repetitia
iuvant, dicevano i
padri. Si inseriscono le sottolineature.
Vero
è che il sogno si mescola alla realtà, e parte da questa, ma
interessante è la ripetizione, seppur parziale, di registri.
Mi sono coricato alle 6.10, con la sveglia puntata sulle 6.50. E questo per colpa dei trojan.
Mi sono coricato alle 6.10, con la sveglia puntata sulle 6.50. E questo per colpa dei trojan.
Ed
è chiara l'ansia di riposare un poco. Ma mi sono sognato che dovevo
fare presto, che dovevo fare in fretta, perché dovevo morire. Questa
volta direttamente io, senza false nonne a far da copertura, da
controfigura. (Sfido io, in quaranta minuti di sonno non è che ci
sia tanto tempo... per i decori.)
E la morte non era affatto truce e neppure cupa. Era una morte neutra e necessaria, un atto dovuto.
E la morte non era affatto truce e neppure cupa. Era una morte neutra e necessaria, un atto dovuto.
Ma
mi ripetevo che dovevo fare in fretta le cose che dovevo fare (in
questo spicciolo caso era sistemare le cose ed il pc con i trojan.
Ma non credo che le scadenze fossero le rate dell'automobile o i
versamenti dell'Iva, come confine con la morte, la morte “vera”.)
Perché poi, a breve, sarei dovuto morire.
Ora,
posto che mi sento sano più o meno come un pesce (o almeno a
sufficienza per proseguire in questo pellegrinaggio terreno), la
morte risuonava con i temi e le sensazioni della sera prima.
Ed
era, nel dormiveglia che accompagnava il sonno, in quella mezz'ora
(in cui a volte mi accorgevo di essere sveglio e mi sforzavo di
dormire, visti i secondi a disposizione, ed altre dormivo e mi
sentivo spinto a svegliarmi, sapendo che comunque sarebbe accaduto da
lì a minuti..), era “chiara” (per quanto può essere chiara, in
quelle condizioni -o forse proprio chiara, immediata, senza filtri
mentali, in quelle confusioni) l'aggancio, la connessione, di quella
“morte” con il bdsm. La “morte” in questo caso ERA il bdsm. O
“quella morte” nel e del bdsm al matrimonio di ieri. O a qual
mondo ripetuto, previsto, e ritenuto “normale”.
Ed
era, in questo senso la intendo come morte,
come chiusura definitiva,
o
potremmo dire “assoluta”, cioè senza margini di comunicazione.
Di interscambio, o luoghi in comune. Rapporti, relazioni.
Come
“vita nova”
(mutuando dante, ancora).
E
questo (questa inquadratura) da sveglio mi fa anche paura. (Così con
toni drammatici, onirici, fortemente drappeggiati. Diciamo
“estremi”.)
Inquietudine,
sicura. Ed anche preoccupazione, paura. Paura per la realtà che si
verrà (verrebbe? Boh..) a determinare.
Ma
nel sogno no. Dove compare, con quei tratti così enfatici,
definitivi, non c'è paura, ma solo sguardo a ciò che accade.
Curioso,
come a scuola, quando ti ripetevano in due minuti la lezione
precedente, per assicurarsi che ti sia entrata.
Anche
se questa volta è tutta colpa dei trojan e della notte breve, che si
è determinata.
Ma la colonna musicale era dello stesso autore.
Ma la colonna musicale era dello stesso autore.
La
vedremo dal vivo. In concerto on-line (ah no: life. Zoppica ancora un
poco, questo mio perfetto inglese.)
Forse,
chissà.
Non
dipende da me, io ci metto solo la morte del matrimonio e paura. (uno
in sogno e l'altra da sveglio. Forse tutte e due giustificate). E
divento ogni giorno un millimetro più dipendente dalla Padrona. Con
sua piccola soddisfazione e buona pace. Vedremo domani.
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