venerdì 19 aprile 2013

Assoluta... incomprensione













contributi al dibattito -tre.




 




Le persone, bene o male interne a questo stile di vita, che sono critiche su tutta la faccenda dell"assolutismo" sono innumerevoli. Essi presentano molte ragioni per questo, e la maggior parte di queste sono perfettamente  valide. Il guaio è che quando si discute con coloro che non si limitano a respingere il concetto immediatamente, molto più spesso che no, la discussione assume un’enfasi drammatica.





Mi sembra che (non importa dove ci si trova sulla questione dell’assolutismo) il problema/i non sta/stanno con la parte "assoluta" del concetto, ma con la parte dell' "ismo". Ciò che mi infastidisce di persone che sono forse un po’ precipitose nell’abbracciare i miei scritti sullo stile di vita in assoluto, e forse anche molti di coloro che sono ugualmente pronti nel respingerli, è che spesso mancano un punto cruciale: "assoluto" è un condizione e non una filosofia con il suoi dogmi associati. Non esiste una cosa come "assolutismo". 

"Assoluto" è un descrittore. Una frase. Se lo trasformate in una filosofia è a vostro rischio.

Esiste un (e un solo) criterio per avere un  potere assoluto
dinamico in un rapporto: è che esso sia assoluto. E' proprio così semplice. Da quel punto in poi, tutto il resto scorre naturalmente. (Per coloro che possono avere un problema con quella parola, non esitate a sostituirlo con "automaticamente"). Regole, definizioni, etichette ... niente di questo conta davvero. È una caratteristica che definisce qualcosa di assoluto ha due possibilità: o lo è al 100%, o non è affatto. Nessuna quantità di "extra" può renderlo più o meno assoluto. Ogni assoluto si regge da solo: in base ai propri valori.

L'assolutismo è una trappola in cui è facile cadere. Ironia della sorte, il tizio che è stato generalmente riconosciuto per aver inventato questo concetto per primo, è caduto in questa trappola un gran numero di volte. Probabilmente tutto questo è più facile che accada perché la nozione di assoluto attrae persone che tendono a pensare per conto loro secondo linee abbastanza rigide. La maggior parte delle persone di mia conoscenza che sono attratte da comunità assolute, tendono anche ad essere quelli che credono che uno è o Dom, o è sub o è vaniglia, e che gli switch siano o confusi o bugiardi.

Lo so, perché ho sempre pensato così anch'io. Poi è arrivata la realtà e mi ha confuso. In una posizione di difesa perfettamente ragionevole, la mia risposta è stata ovviamente di puntare i piedi per terra con un conseguente difesa fanatica di una filosofia che i miei scritti così spesso sembrano enfatizzare e che non esiste, e in cui non ho davvero creduto, né mi importa praticare. Nella situazione che ne seguì, l'assolutismo divenne la gabbia per chiudere tutte le gabbie.





Un esempio popolare di illuminazione è la proverbiale luce di una lampadina disegnata sopra la testa del personaggio. Anche se sono sicuro che accada di tanto in tanto, per la maggior parte ho il sospetto che in realtà la cosa funziona come collegata  ad un dimmer che si accende gradualmente. Il problema con questo naturalmente, è che non si sa mai per quanto tempo questo processo di illuminazione , o di aumento di chiarezza, può andare avanti. Una volta che la lampadina è accesa, anche debolmente, diventa impossibile leggere la scritta su di essa, in modo che noi non sappiamo quanto questa sia potente.

Quindi, vuol dire che io ora non sono più un assolutista? No! Vuol dire che non sono mai stato. Io credo che ci siano degli assoluti nel nostro universo, e credo che una relazione master/mistress-slave può essere uno di questi. Tuttavia, è per me una descrizione del modo naturale (spontaneo, automatico) di una relazione evoluta. Non potrebbe mai essere l’obiettivo di una relazione. Non possiamo dire: "Voglio un rapporto assoluto." Tutto quello che possiamo dire è: "Voglio un rapporto M/s con tali e tali caratteristiche", e che può o non può finire per essere descritto come assoluto.

Quello che vogliamo oggi, potrebbe non essere possibile. Quello che vogliamo domani potrebbe essere molto diverso da quello che vogliamo oggi. Una volta che si imposto un obiettivo che non può essere flessibile (in virtù di essere un obiettivo “assoluto”), si mette in una camicia di forza della propria creazione, e l'intera relazione diventa una questione in cui non si è in grado di vedere la foresta perchè si vedono tutti i singoli alberi. Un mio compatriota chiamato Andersen ha detto che... "viaggiare è vivere." Viaggiare. Il processo, non la destinazione finale.

La ragione per cui non possiamo decidere che noi vogliamo un rapporto assoluto è che, così facendo, si definiscono i criteri per esso, e quindi i criteri di quello che è essere assoluto. Ma in questo modo si causano solo guai, perché un'altra caratteristica distintiva di "assoluto" è che sia universale e immutabile. Cioè, ciò che è assoluto per voi è assoluto anche per tutti. Quindi, se noi stabiliamo i criteri e diciamo che ognuna e tutte le relazioni che vivono secondo questi criteri sono assolute, e quelle che non lo fanno non lo sono, tutto diventa centrato sulla polemica piuttosto che sulle dinamiche stesse, e la cosa più importante nel rapporto diventa vivere con una serie di norme, piuttosto che vivere nel rapporto.







In definitiva, si può ben sempre e solo sapere che un rapporto M/s era assoluto quando questo finisce, a prescindere da come questo avviene. Nel frattempo, per quanto posso vedere, l'unica domanda veramente rilevante per chiedere se la nostra dinamica è "assoluta", è: "chi se ne frega?"

Le etichette e titoli vanno bene se usate per descrivere ciò che osserviamo. Essi diventano gabbie quando vengono utilizzate per definire ciò che vorremmo vedere.









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