martedì 9 aprile 2013

contesse, e madame





Smarriti i sensi... perse le fila... arrivano i tempi delle onde lunghe, che spiaggiano a riva.
Dal tempo, dal centro dello stagno, dal Piacere di madame.
(del piacere dello schiavo... per Madame.)
Di quella, specifica ed involata, madame.

(Ex.. futuro marito, diceva la F. ed era come spesso... gentile.
Gentile e sarcastica lo era anche sua madre, però più legnosa, meno pacata e mite.
Da questo la signora F. (o... signorina?)  ha preso dal padre.
La tagliente affermatività deve averla presa dal nonno, che non a caso aveva nome Caino.)

La contessa di Castiglione.
Che NON è la Signora F., nè la ex (lasciamo stare il futuro, se non vogliamo ridurci come quello dei libri) Signora M...adame.







La Contessa di Castiglione





La Contessa di Castiglione rivoluzionò anche la moda intima femminile facendo notare, forse per prima, quale effetto avesse sugli uomini la raffinata fantasia delle sottovesti.
Per questo adottò leggeri indumenti intimi di raso o seta neri al posto delle precedenti, pesanti imbottiture e dei mutandoni legati alle caviglie.
Introdusse anche il vezzo delle lenzuola di seta colorate, che lei amava nere, verdi o violette.
E rinverdì la moda delle giarrettiere, già scomparse da tempo: l’uso di ridotte culottes al posto delle lunghe braghe, imponeva anche la scelta di calze di seta da fermare con vezzosi nastri che via via si arricchirono di pizzi, piume, pietre preziose e scritte allusive.




Soprannominata “Nicchia”(per via del suo modo di rannicchiarsi), Virginia era bellissima e intelligente: alta, bionda, occhi verdi profondi e vellutati. 


Col tempo si sarebbe conquistata la fama di donna più bella d’Italia e d’Europa e sarebbe riuscita a far risaltare il suo fascino con abiti audaci, strani, a volte spettacolari, che non indossava mai più di una volta. Adorava i colori lilla, indaco, malva e violetto.
Per tutta la vita fu una grafomane posseduta dalla voglia di passare alla storia. Ci ha lasciato il Journal intime, un diario in cui annotò di tutto, in particolare i suoi incontri amorosi utilizzando una sorta di rozzo linguaggio cifrato. Così, ad esempio, ne aveva inventato uno per camuffare i dettagli più intimi: “e” stava per embrassements, baci e carezze; “b” per baci; “bx” per baci e carezze più intimi; “f” per rapporto completo.
Ne utilizzava uno anche per catalogare i suoi amanti: “FF” stava per fifty-fifty, ovvero 50% amore e 50% affari; “PR” significava pour revanche, per vendetta.
Fu anche un’abile spia.












Contessa di Castiglione,
femme fatale del Risorgimento.

Convinse con le sue grazie Napoleone III a sostenere la causa dell'indipendenza italiana




Tra le donne del Risorgimento la contessa di Castiglione fu certamente la più bella, la più intrigante e chiacchierata, la personificazione della vanità femminile. Una “statua di carne”, così l’aveva definita con una punta d’invidia la principessa di Metternich. Audace, altera e superba, di sé diceva: “è il mio carattere fiero, franco e libero che mi fa essere talvolta cruda e dura”. Mostrava con orgoglio agli ammiratori le mani seducenti e i piedi magnifici. Gli occhi di intenso verdazzurro dalle sfumature ametista, anche nel fuoco della passionalità più violenta tradivano una mente lucida e fredda. 

USO' TUTTI I MEZZI - Virginia Oldoini, figlia del nobile marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi, vide la luce a Firenze il 23 marzo 1837, anche se per civetteria non lo ammise mai. È passata alla storia per avere sedotto – un’astuzia del Conte di Cavour che le avrebbe detto “usate tutti i mezzi che vi pare, ma riuscite” - Napoleone III portandolo così a sostenere la causa dell’indipendenza italiana. Non aveva ancora 17 anni quando, il 9 gennaio 1854, “Nicchia” (così la chiamava Massimo d’Azeglio) divenne contessa di Castiglione, andando in sposa al conte Francesco Verasis di Castiglione Tinella e di Costigliole d’Asti, cugino di Cavour, assolutamente deciso a sposare la donna più bella d’Italia, nonostante sapesse di non essere ricambiato. Ne rimase sempre innamorato e, come tutti i mariti ingannati che si rispettino, disposto a ignorarne i tradimenti e ad assecondarne i costosi capricci, anche dopo la separazione legale, finché nel 1867 durante il corteo di nozze tra il principe Amedeo d’Aosta e la principessa Maria dal Pozzo della Cisterna, caduto da cavallo, morì travolto dalla carrozza reale. 






AMATA, MA ANCHE ODIATA - Virginia non amò altri che se stessa, motivo per cui il figlio Giorgio, morto di vaiolo a Madrid nel 1879, la detestava cordialmente. Dagli uomini sapeva farsi adorare quanto odiare dalle donne, prima tra tutte la spagnola Eugenia Montijno, consorte di Napoleone. Dalla amata Spezia, appena sposata si trasferì a Torino alla corte di Vittorio Emanuele di Savoia e quindi a Parigi. Dopo un esordio memorabile alle Tuileries, alla sfolgorante ventenne bastò mezz’ora d’amore con l’Imperatore cinquantenne nella stanza azzurra del Castello di Compiègne per riuscire nella “delicata” missione di Stato che le era stata affidata. Era il gennaio del 1856. Napoleone la coprì di gioielli, tra cui una collana a cinque giri di perle e si favoleggiava di un appannaggio mensile di 50mila franchi.
Stabilitasi in Rue de Passy, le malelingue non si accontentarono più di soprannomi come “la bella e la bestia” e, senza mezzi termini, la battezzarono “vulva d’oro”.  Dopo l’armistizio di Villafranca, nel luglio 1859, la sua stella presso Napoleone cominciò a offuscarsi a vantaggio della moglie del ministro degli esteri contessa Walewska, ma a buon conto l’imperatrice Eugenia, col pretesto di un sventato attentato all’Imperatore programmato durante un convegno tra i due amanti, ne ottenne l’espulsione dalla Francia. Nel 1862, per intercessione dell’ambasciatore Costantino Nigra, tornerà a Parigi con propositi di rivalsa, ma ormai quella partita era persa come lo fu più avanti quella con Vittorio Emanuele, seccatosi per i suoi tentennamenti e le sue eccessive pretese dopo averla ripetutamente invitata a trasferirsi a Firenze. 

43 AMANTI E IL VOLTO VELATO - Caduto il Secondo Impero nel 1870, con abilità e scaltrezza continuò a tessere, tra Parigi e La Spezia, la rete delle sue amicizie influenti collezionando 43 amanti, 12 dei quali avuti contemporaneamente e sempre all’insaputa l’uno dell’altro. La venere incontrastata del bel mondo che aveva incantato per le toilette da favola, i gioielli, tra i fasti e i piaceri della mondanità, ebbe il solo grave torto di sopravvivere alla sua bellezza. Trascorse l’autunno della vita sola, nel terrore dell’indigenza, sopraffatta da cupa nevrastenia e senso di persecuzione. Dei ricordi ormai non sapeva che farsene: per non vedere la sua decadenza fisica si velava il volto, copriva gli specchi, usciva solo la notte, circondandosi di un’aura patetica di mistero. Ancora ricca, ma in crisi di liquidità, nel 1893 subì l’onta dello sfratto dal suo ammezzato di Place Vendôme occupato dal 1876.
Morì a Parigi il 28 novembre 1899 in un piccolo alloggio sopra il ristorante Voisin.  All’indomani del suo funerale, la polizia e Carlo Sforza per l’ambasciata italiana distrussero tutte le lettere e i documenti compromettenti riguardanti re, politici, papi e banchieri, da Napoleone III a Bismarck, Cavour, Pio IX, Rothschild. Ci restano i suoi diari. Avrebbe voluto tornare in Italia e farsi seppellire alla Spezia con i suoi gioielli (andarono invece a sconosciuti eredi con una fortuna stimata in due milioni di lire del tempo), la camicia da notte verde acqua di Compiègne e i suoi due pechinesi, Sanduga e Kasino, imbalsamati. Riposa invece, tra i grandi, al Père Lachaise.






Bibliografia più recente in italiano:
- L'album della contessa di Castiglione
, presentazione di Lietta Tornabuoni, con una nota di Michele Falzone del Barbaro, Milano, Longanesi, 1980.
- Arrigo Petacco, L'amante dell'imperatore,amori, intrighi e segreti della contessa di Castiglione, Milano, Mondadori, 2000,
- Giuseppe Borghetti, L'ambasciatrice di Cavour, P. Maglione, 1929

Mauro Chiabrando














Appunto libri, oggi, per la futura ex... Madame.

come onda lunga che arriva,
che si frange, e che si spegne. e non si sa il futuro.
Regali, oggi, comunque, per lei.
Che il maiuscolo, con l'avvento della Repubblica, è stato abolito.

Con la stessa sincerità di ieri, con la stessa verità di stamattina, con lo stesso sguardo di ieri sera.
Che non stanno più insieme. Specchio rotto per terra.
ma con disincantato, maggiore, sguardo o visione.


ad ognuno il suo.
qui in arrivo, in ritardo, libri postali.

un saluto, intenso e sincero. Senza parole e senza nome. Sì.




 
 libri, lasciando stare franco











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