Fanno
male.
ma... purtroppo... sono costretto a dire.
(Forse) fanno male come è giusto provare male, essere
attaccato, legato al male – per Sua volontà- quando si riassetta o si fanno
lavori IN CAMERA DELLA PADRONA: il modesto, tollerabile dolore pone nel giusto
modo di sentire la “sacralità dell’essere”
-uno da soli, e quindi altrimenti con uno spirito di quasi
padronanza, indipendenza, o quasi indifferenza
-due nella Camera della Padrona, fra i suoi mobili, i suoi
cassetti, le cose che potrebbero esservi, o Sue cose personali. Muoversi in
quegli spazi, mettere o manomettere le cose, aprire luoghi chiusi. Una certa
invadenza, un potere una discrezione. Un comandare le cose. DELLA Padrona.
Meglio che comandi sopra Lei, che venga prima Lei, nel dominare, nell’ORDINE di
dominazione.
-tre essere nella Sua Camera (come ovunque, ma sommamente lì)
esattamente, dove Lei dorme, gode, dove passa molte ore al giorno (il numero
maggiore di ore al giorno, in relazione alle altre attività) mette in relazione
con Lei, muoversi allo stesso modo.. in piedi, camminare, spostarsi, prendere
liberamente una cosa in mano, liberamente pensare, riporla... forse una
condizione di dolore, di tensione, di attenzione (soprattutto legata al SUO
PIACERE... ) riporta al giusto modo di essere,
a LEI e nei Suoi luoghi.
Ma la cosa è forse avventata: non vorrei che diventasse un modo;
un dover aver sempre qualcosa che
stringe, che dà dolore, quando faccio i lavori in stanza della Padrona, per
averLa giustamente presente e per darLe piacere.
Per quanto sapere che quando lo schiavo è in camera tua ... sempre
soffre... prova dolore, per Te, mette deposita pensieri di dolore, dona, per il
PIACERE della Padrona, e lo fa come continuo dono di sé, a Lei, e sulle mensole
sui comodini, si depositano micro particelle.. molecole di dono, alla Padrona,
di dolore e di sé... sempre volentieri donato, e in sottomissione, e sempre per
il suo Piacere, non è un’impressione schifosa, per crearvi un’atmosfera. Per sentirvi
lo schiavo, per sentire La Padrona.
Che entrarvi sia dolore, e desiderio di entrarvi insieme.
Che non si separi la Padrona (la sua camera) e il desiderio
(o meglio la disponibilità, l’offerta la dedizione) a soffrire per Lei, a
subire e servire il Suo Piacere, Lei. Come a una divinità, del piacere. Fare offerte
al Suo piacere, donarsi.
E questo sia sempre, come piccolo segno d’appartenenza. Come
presenza.
Come sottomissione. E giusta posizione. Collocazione.
Guarda che idee che vengono di prima mattina...
Niente piacevoli, per lo schiavo.
Per niente piacevoli. Eppure neutre (quasi astratte, “teoriche”,
da anamnesi, per nulla compiaciute.)
Nel campo delle energie “sottili”, o dei micro gesti quotidiani,
del “fare mondi”, Creare realtà intervenendo sulle cose, influendo sulle cose,
come nell’alchimia.
(Possono dei morsetti messi sui capezzoli dello schiavo il
giovedì... influenzare gli orgasmi della Padrona, il mercoledì successivo? E
possono anche SE la Padrona
non c’era, il giovedì, nella Sua Stanza? Mutuando la farfalla, d’Amazzonia. Il “clima...
e la sostanza del Piacere, le sensazioni tattili, le percezioni nervose delle
sue piccole labbra, della sua vagina? Magari ad Harvard fra trent’anni scoprono
che sì, come in VitaSegretaDellePiante. Che aumenta il piacere, della Padrona.
Non solo in quantità ma anche... in qualità, il dolore dello schiavo... nella
Sua Stanza. Anche quando Lei non c’è. Ne migliora l’atmosfera, profuma. Perché lo
schiavo lo dona nel migliore dei modi. Non si ribella a questo
(contrapponendosi), appartiene alla Signora.
E lo versa, intenzionalmente, per il Suo Piacere.
Forse è quello che incrementa questo, si travasa: si
trasmuta. Alchimia.
Nessun commento:
Posta un commento